Ogni anno 2mila agenti feriti: “È la nostra strage silenziosa”

È una lunga scia di sangue che non si ferma. Ogni anno l’Arma registra una media di 2mila feriti.

Da inizio 2019 sono 529 quelli che hanno riportato traumi o che sono stati ricoverati. Con il decesso del maresciallo Vincenzo Carlo Di Gennaro il bilancio per quest’anno sale a un morto, contro i 7 del 2018.

Nella Polizia di Stato le cose non vanno meglio, con 1 morto nel 2018 e 568 feriti, e 2 caduti e 108 feriti nel 2019. Tra i casi più eclatanti si ricordano gli scontri tra agenti e tifosi laziali dello scorso gennaio, con 8 feriti tra i poliziotti, l’incidente stradale di Livorno, in cui morì l’assistente capo Fabio Baratella, sempre a gennaio e, ancora nello stesso mese, a perdere la vita, travolto da un tir, fu l’agente della Stradale Angelo Gabriele Spadaro. Non si può non ricordare il tragico inseguimento del novembre 2018, in cui morì il vice brigadiere Emanuele Reali, investito da un treno.

«Purtroppo- spiega il segretario generale del Sap (Sindacato autonomo di Polizia), Stefano Paoloni – il servizio che viene fatto nei confronti della collettività comporta rischi enormi e imprevedibili. Noi diamo molto più rispetto al Paese di quanto il Paese contraccambia. Lavoriamo spesso con pochi mezzi e sottopagati. Ci vorrebbero più tutele e rispetto. Questo, però, non è il momento delle polemiche, ma del dolore. Esprimiamo vicinanza alla famiglia del maresciallo caduto in servizio».

Il problema resta proprio la sproporzione tra l’impegno, le ore di straordinario, i sacrifici e ciò che poi si rischia davvero. Una contraddizione in termini, perché c’è chi prende 1.400 euro al mese e nel migliore dei casi torna a casa con una ferita o sotto processo, mentre i criminali tornano liberi. Fotografia di un’Italia al contrario, in cui chi sta dalla parte della legge spesso è in posizione di svantaggio.

Il segretario nazionale dell’Fsp Polizia di Stato, Fabrizio Lotti, parla di «strage silenziosa e continua. Tutto questo accade ogni giorno prosegue -, durante un’indagine, come nel caso del collega carabiniere nel corso di un fermo stradale o di un controllo. Il problema è che ci devono essere norme adeguate, ci devono ridare un po’ di dignità, altrimenti continueremo e essere lo sfogo delle frustrazioni altrui». E continua: «Lo vediamo durante le manifestazioni pubbliche: sono tutti contro i celerini, contro chi difende la brava gente. E quando ti fai male non hai assistenze adeguate, quando muori si dà una medaglia alla vedova, ma tu non ci sei più. Si dovrebbero dare segnali per quanto riguarda la sentenza. Ci devono essere nuove regole di ingaggio per le forze dell’ordine. E quando uccidi un poliziotto o un carabiniere ci deve essere l’ergastolo, perché non spari a una divisa, ma allo Stato, che con noi è in prima linea». Sulla stessa linea Vincenzo Romeo, del Cocer carabinieri: «Il nostro lavoro è tutt’uno perché è lo svolgimento del nostro servizio. Usiamo prevenzione, agiamo a nostra tutela, ma i delinquenti sono sempre in vantaggio, non hanno niente da perdere a spararci. Ogni volta è così, dobbiamo avere a che fare con persone esagitate, sotto l’effetto di stupefacenti o alcol e siamo sempre a rischio, in ogni momento. Poi tiene a dire ancora li arrestiamo e vengono subito scarcerati. Spesso anche lo stesso giorno del fermo». E conclude: «Non c’è più un rispetto, è la società che cambia. Oggi chi commette un reato, purtroppo, non è certo non possa commetterne uno subito dopo. Siamo a disposizione dell’autorità giudiziaria, ma sono le leggi che debbono essere cambiate».


il giornale.it


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