Si chiama “effetto cuscinetto” il piano b che la tua dolce metà potrebbe avere a tua insaputa

Questo post è stato pubblicato su HuffPostUsa ed è stato tradotto da Stefano Pitrelli

Qualche anno fa Sara C., una scrittrice, s’era accorta della tensione palpabile che avvertiva in compagnia di un collega. All’epoca era sposata da 14 anni, e tuttavia quell’amicizia somigliava tanto a un flirt, così cominciò a fissarcisi. Erano costantemente in contatto fra loro, andavano spesso a prendersi un caffè insieme. Poi finirono a letto.

Il limite tuttavia era già stato valicato prima che cominciassero i rapporti fisici: Sara aveva coltivato un rapporto fittizio, fino al momento in cui questo era diventato realtà, e a farne le spese era stato il proprio matrimonio.

La mia storia cominciò a partire da una spinta emotiva“, spiega Sara, della quale si omette il cognome per privacy. “Credo che molte persone coinvolte in rapporti stabili finiscano a volte per ritrovarsi in situazioni stagnanti, oppure rimangano impantanate nei battibecchi irrisolti”.

“Magari è noia, superficialità o frustrazioni mai superate, non so”, prosegue. “Ma ti spinge a guardarti intorno con altri occhi, finendo per intensificare certi legami”.

Legami persistenti che a volte si chiamano panchine. “Panchinara” è “quella persona con cui in un dato momento non esiste alcun impegno, ma con la quale si conserva un qualche livello di comunicazione, finalizzata a preservare o a predisporre la possibilità di futuri coinvolgimenti romantici e/o sessuali”: lo si legge in una ricerca del 2014.

Il concetto è stato anche definito “effetto cuscinetto” — come a dire: “Ho un Piano B per attutire il colpo se alla fine fra me e Meg non funziona”.

Ma non si tratta solo di circostanze ipotetiche. Le panchine richiedono scambi relativamente frequenti — lo spiega lo stesso Jayson Dibble, principale autore della ricerca nonché assistente professore di comunicazione all’Hope College, intervistato da The Atlantic nel 2014.

Queste avventure emotive — e dell’immaginazione — trovano spiegazione dal punto di vista evolutivo: se lo scopo è quello di ampliare al massimo le proprie opportunità di riprodursi, un like su Instagram o un SMS per un “caffè?” son piuttosto facili da portare avanti. E allo stesso tempo, restando col proprio partner, t’assicuri che la futura prole abbia qualcuno che un giorno se ne prenda cura.

La terapista matrimoniale e familiare Elisabeth LaMotte paragona il cuscinetto alla “versione premeditata del chiodo-scaccia-chiodo”.

Il ricorso al cuscinetto in genere sta a indicare l’incapacità di vivere al di fuori di un rapporto, spiega. E spesso il panchinaro va a — o pare — compensare qualcosa che sentiamo mancare nel nostro rapporto principale.

“Non fai altro che coltivare segretamente un flirt con qualcuno che incarna una ribellione esagerata alle difficoltà del tuo rapporto attuale. Per fare un esempio, se il partner è uno che fa carriera, ma è ansiogeno, il cuscinetto magari sarà un tranquillone che salta da un lavoro all’altro”, osserva. “Ma ricorrere al cuscinetto significa negare ad entrambi la possibilità di verificare che tale stato d’ansia (o qualsiasi altra difficoltà relazionale) possa essere attenuato impegnandosi a comunicare col partner principale”.

L’erba del vicino sembra sempre più verde: così finiamo per liquidare sbrigativamente pure rapporti potenzialmente validi. Senza contare che il rapporto panchinaro, una volta coltivato, può portare alla medesima gamma di frustranti complicazioni quotidiane delle altre forme di coppia.

A volte poi si spegne in fretta, o ti costringe ad affrontare problemi irrisolti. È andata così a Xavier Toby, autore satirico e comico. Sei anni fa aveva coltivato il rapporto con un partner conosciuto attraverso amicizie condivise, nei confronti del quale aveva spesso pensato “Se solo fossi single…”.

— “Ti danno quella spinta all’autostima che magari manca al tuo rapporto per via di un qualsiasi problema, ma poi in realtà si riduce tutto a questo. È un po’ come lo zucchero. La gratificazione è immediata, dà dipendenza, ma non ha valore nutritivo”. — Xavier Toby, autore satirico e comico.

“Ero appena stato scaricato, e invece di lavorarci su, mi tuffai a capofitto in panchina”, racconta Toby, autore di numerosi testi satirici come “Mining My Own Business“.

“Alla fine, ovviamente, non è servito a niente, e non ha fatto che posporre il momento in cui ho dovuto affrontare il dolore della fine della storia, col ‘vantaggio’ di coinvolgere ingiustamente qualcun altro nel mio disastro emotivo”, aggiunge.

Ora Toby dice di capire il motivo per cui i rapporti panchinari siano tanto diffusi: “Ti danno quella spinta all’autostima che magari manca al tuo rapporto per via di un qualsiasi problema, ma poi in realtà si riduce tutto a questo. È un po’ come lo zucchero. La gratificazione è immediata, dà dipendenza, ma non ha valore nutritivo”.

Ricorrere al cuscinetto fa un torto sia al proprio partner attuale sia alla persona in panchina, sostiene Samantha Burns, coach esperta in appuntamenti e autrice di “Breaking Up & Bouncing Back“. Inoltre, fa male anche a te.

“Deriva da un senso sottostante d’insicurezza e insoddisfazione nei confronti del proprio rapporto attuale”, prosegue. “Se lo fate, chiedetevi perché avvertiate il bisogno d’attenzioni e conferme dall’esterno. State cercando di compensare bisogni che non trovano soddisfazione all’interno del vostro rapporto? O di distrarvi dalla consapevolezza d’esser infelici o scollegati dal partner?”.

Prendetevi del tempo se ne avete bisogno. Ma se vi rendete conto di voler riesaminare il vostro rapporto principale, fatelo consapevolmente.

“Quando ci si concentra in modo più attento e consapevole sui propri pensieri e sentimenti, si è in grado di capire se si aspira a restare all’interno del proprio rapporto e a comunicare col proprio partner invece di valicarne i confini”, conclude Burns. “Le coppie che funzionano guardano al proprio interno, non all’esterno”

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