Così le toghe condizionano la politica: da Salvini a Renzi, la bomba shock sulla magistratura.

In Italia i magistrati fanno politica.

Pare che i due casi lampanti siano quello riguardante Salvini e la richiesta di autorizzazione a procedere contro di lui, e quello dei genitori di Renzi confinati ai domiciliari.

L’ex magistrato Carlo Nordio, su Il Messaggero, esprime la sua durissima opinione.

Sul caso Diciotti e il miistro degli Interni tuona: “È stato creato un gigantesco polverone su una materia che quasi nessuno si era dato la briga di studiare. Perché il caso di Salvini era del tutto nuovo, e giustamente il presidente Gasparri ha detto che questo provvedimento farà giurisprudenza. Perché qui non si trattava affatto della solita immunità dietro la quale molti politici si sono riparati dalle indagini giudiziarie, ma di una garanzia ministeriale prevista da una legge costituzionale che ne affida la valutazione al vaglio politico. Cosicché – prosegue – anche la petulante litania che nessuno è al disopra della legge suonava e suona come una contraddizione, perché è proprio questa Legge a dire che in presenza di un reato – ammesso che ci sia – il ministro non può esser processato se ha agito per un preminente interesse dello Stato”.

Per Nordio “la vittima maggiore è stata la Politica – nel suo senso più alto – che ancora una volta è sembrata succube dell’iniziativa della magistratura. Intendiamoci. Il Tribunale dei Ministri ha fatto il suo dovere mandando tutto al Senato. Incidentalmente notiamo – e siamo a un passaggio fondamentale del fondo dell’ex magistrato – che se avesse voluto davvero perseguitare Salvini non avrebbe riconosciuto la ministerialità del presunto reato, e lo avrebbe affidato alla giurisdizione ordinaria”.

Circa quanto accaduto all’ex segretario del Pd, invece, riprende: “Provvedimento discutibile, perché una custodia cautelare a carico di due settantenni incensurati, per fatti avvenuti anni addietro, emessa quattro mesi dopo la richiesta del pubblico ministero, lascia assai perplessi”.

Ancora più pesanti, però, sono le sue riflessioni generali, con conclusioni a tratti spaventose:

“In questa oscillazione di garantismi a senso unico e di confusione dei ruoli, la politica ha perso un’ ottima occasione per affrancarsi dalla pesante ipoteca costituita dalle indagini giudiziarie, che da vent’anni la condiziona e talvolta la umilia. Il rifiuto di processare Salvini va infatti ben oltre la persona del ministro e dei componenti del governo. Sarebbe il primo passo per affermare la preminenza della politica sulla giurisdizione, quando è la stessa Costituzione a riconoscere questa necessità. Mentre questo incoraggiante indizio si è dissolto davanti ai cartelli dei democratici e al gesto manettaro del senatore Giarrusso, che agendo d’istinto ha rivelato quell’aspirazione giustizialista che per un attimo era sembrata sopita”.

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Fonte: Libero

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