Fischi, ululati e accuse feroci L’Europarlamento condanna Angela

Angela Merkel subissata da fischi e ululati che si guarda stupita e afferma: “Non sapevo ci fossero i lupi”. Antonio Tajani che è costretto a richiamare gli europarlamentari all’ordine, chiedendo ironicamente se servisse un veterinario in aula. Quella che è andata in scena a Strasburgo non è stato soltanto l’ultima presenza della Merkel in una plenaria dell’Europarlamento come capo della Cdu, ma a che la certificazione della fine del suo mandato come leader europeo.

La cancelliera tedesca è stata per anni la madrina d’Europa. Granitica, come le certezze politiche che hanno caratterizzato la Germania durante i suoi anni di potere, Angela Merkel è stata sempre ritenuta la leader naturale dell’Unione europea. E con la debolezza dei presidenti francesi di questi anni, l’asse franco-tedesco aveva un baricentro tutto spostato a Berlino.

Oggi non più così. Quell’Europa di cui la Merkel era la leader e Berlino la capitale economica, politica e anche morale, sta finendo. Colpita pesantemente dalla scure d’Oltreoceano rappresentata da Donald Trump, ma anche dall’ascesa di movimenti che, in tutta Europa, hanno come obiettivo quello di scardinare l’egemonia tedesca sull’Unione europea. E così, se fino a qualche anno fa sembrava impensabile vedere la cancelliera sotto assedio proprio all’Europarlamento, oggi è questa l’immagine che più di tute racchiude la fine di un’era, quella dell’Europa germanocentrica guidata dalla Grande Coalizione.

Il mandato di Angela Merlel come guida della Cdu, il più grande partito nazionale del più grande partito europeo, il Ppe, termina non sotto gli scroscianti applausi di un parlamento fedele, ma sotto i fischi e le urla di un Europarlamento che, forse più di ogni altra volta, rappresenta davvero le tante anime che compongono questa Unione europea sempre più debole. Indebolita e fiacca proprio come la leader che per anni sembrava essere la guida di questa organizzazione.

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E se l’ultima plenaria della guida della Cdu doveva essere una sorta di grande riepilogo dei risultati raggiunti dal capo del governo federale tedesco, la seduta si è trasformata nel redde rationem di tutti i problemi che hanno caratterizzato l’Europa. E di cui la Germania, se non autrice, ne è sicuramente stata complice e corresponsabile.

Angela Merkel elenca tutti i suoi auspici per l’Europa. E ogni augurio, ogni dichiarazioni, ogni speranza espressa dalla cancelliera è foriera di applausi (pochi e solo da parte dei popolari) e di ululati e critiche feroci da parte delle opposizioni. E non sono solo gli euroscettici più duri a sparare a zero sul capo del governo tedesco. Quello che è andato in scena a Strasburgo è stato un vero e proprio processo, in cui l’imputata, Frau Merkel, si è vista attaccata da tutti: a destra, a sinistra e al centro.

I sovranisti la accusano di aver condotto l’Europa a questo punto, con Nigel Farage dell’Ukip che addirittura le imputa la decisione del popolo britannico per il “sì” alla Brexit. Al centro, il presidente del gruppo Alde, Guy Verhofstadt, si scaglia contro la Merkel per non aver fatto nulla contro Viktor Orban. Il premier ungherese, simbolo degli euroscettici e leader del Gruppo di Visegrad che tanto ha colpito le certezze dell’Unione europea, è stato accusato da Verhofstadt di voler chiudere l’università di Budapest per una sua “crociata personale, con punte di antisemitismo, contro Soros, fondatore di quella università”. E l’attacco del capo di Alde contro una Merkel visibilmente imbarazzata è durissimo: “Quando porrete fine a questo comportamento vergognoso e scandaloso, Frau Merkel?”.

Spostandoci a sinistra, i toni non cambiano. Ed è curioso che siano proprio i tedeschi quelli che colpiscono più duramente contro la loro cancelliera. Segno che le elezioni in Assia e Baviera che hanno condannato la Grande Coalizione di Berlino, sono solo l’inizio di una campagna elettorale ben più lunga, che ha nelle europee del 2019 soltanto la prima tappa. “Dove rimane questo grande partito di Adenauer e Schuman?”, si domanda Udo Bullmann, capogruppo del Partito socialista europeo a Strasburgo. Ska Keller, leader dei Verdi, ha accusato il governo tedesco di bloccare le riforme dell’Unione europea. Mentre un’altra tedesca, Gabriele Zimmer, presidente del Gue-Sinistra unitaria, chiede: “Cosa ha fatto la Germania per evitare le esportazioni di armi tedesche ed europee nelle aree di crisi?”, con riferimento alla terribile guerra in Yemen.

E l’assedio continua. Solo il Partito popolare europeo difende la sua maggiore alleata. Mentre il resto dell’Europarlamento non può fare altro che continuare nel processo. La leader tedesca prova a controbattere. Prova a dire che l’Europa deve rispettare i patti (in riferimento all’Italia), prova a confermare l’impegno nell’esercito europeo teorizzato da Emmanuel Macron e che tanto ha fatto infuriare Trump. Prova anche a parlare del “pericolo dei nazionalismi”. Ma dalle opposizioni arrivano solo fischi. Ed è un’opposizione probabilmente anche inferiore di numero rispetto a quella che a maggio 2019 potrebbe entrare nell’Europarlamento.

Proprio per questo motivo, quello che è andato in scena a Strasburgo non è solo un processo di cui già si conosce la sentenza, ma anche un anticipo di quanto probabilmente avverrà a maggio prossimo. Sta finendo un’epoca. E Angela Merkel con quest’ultimo incontro europeo, ne è stata e continua a essere la dimostrazione.

gli occi della guerra

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