La bomba a orologeria che può far saltare l’euro

Negli ultimi mesi in Germania si è acceso un dibattito indicativo sulle attuali condizioni dell’area euro e delle sue evoluzioni future: a dar il “calcio d’inizio” a una discussione politico-accademica di prima grandezza a proposta avanzata a un convegno del 14 marzo scorso da un gruppo di influenti economisti vicini all’attuale esecutivo, formato da Hans-Werner Sinn, Clemens Fuest, Kai Konrad e Christoph Schmid, consistente nell’inserimento nella legislazione dell’Unione europea di una procedura espressamente dedicata all’uscita di un Paese dalla moneta unica.

Ci si potrà domandare come mai la Germania, Paese che ha beneficiato più di ogni altro partner comunitario dell’integrazione monetaria europea e favorevole a regole di rigore finanziario e discipline in materia commerciale da essa più volte scopertamente violate, sia sede di un dibattito tanto delicato. La risposta è riassumibile in una sigla poco nota al grande pubblico, dietro cui si cela una delle principali questioni aperte dell’Eurozona: Target2.

Che cos’è il saldo Target2

Usando la definizione ufficiale della Bce, il saldo Target2 è “la principale piattaforma europea per il regolamento di pagamenti di importo rilevante; viene utilizzato sia dalle banche centrali sia dalle banche commerciali per trattare pagamenti in euro in tempo reale. […] Target2 è un sistema di pagamento che consente il trasferimento di moneta tra le banche dell’Ue in tempo reale. Questa funzione è definita regolamento lordo in tempo reale”.

Istituito per regolare in maniera efficiente il credito interbancario, Target2 si è evoluto in un sistema contabile complesso di debiti e crediti tra le varie banche centrali comunitarie. “I saldi Target2”, ha scritto l’economista Marcello Minenna su Limes dello scorso maggio, “tengono dunque traccia contabile di uno squilibrio persistente nei flussi commerciali e finanziari dell’Eurozona, causato prima dalla fissazione irrevocabile dei tassi di cambio tra le ex valute dei  Paesi membri, poi dagli effetti collaterali delle misure straordinarie prese dalla Bce in risposta alla crisi del 2011-2012”, prima fra tutte il quantitative easing.

La Germania, in questo contesto, sfruttando il suo voluminoso e crescente attivo commerciale e la posizione favorevole dei suoi titoli pubblici ha accumulato un saldo estremamente favorevole, pari a 923 miliardi di euro, il più alto di tutti. Il saldo negativo maggiore spettava invece all’Italia: 442 miliardi di euro. E proprio qui la questione del Target2 si lega al dibattito dominante in Germania.

Target2  e “piani B”

“Cosa succederebbe se un Paese decidesse di uscire dall’euro?”, si chiede l’Agi. “Bisognerebbe chiudere i saldi nei confronti di Target 2, avvertì il presidente della Bce, Mario Draghi, nel gennaio 2017. Per questo ha ragione il ministro agli Affari Europei, Paolo Savona, quando afferma che sarebbe irresponsabile se un Paese non avesse un ‘piano B’ in caso di smantellamento dell’Eurozona. Una tesi condivisa da alcuni dei più illustri economisti tedeschi, a partire da Clemens Fuest, il l presidente del prestigioso istituto di ricerca tedesco Ifo”, ma sino ad ora non suffragata da retroterra legali.

La Germania, in questo contesto, punta a premunirsi per rendere potenzialmente recuperabili i suoi ampi crediti in caso in cui si palesasse l’ipotesi di un’eventuale uscita di Berlino da una moneta unica ritenuta non più sostenibile, anche in virtù degli squilibri creati dal sistema Target2 (squilibri che, ha argomentato lo stesso Draghi, dovrebbero però ridursi con la fine del ‘Qe’).

Il dibattito tedesco

In Germania gli economisti si sono resi conto, da un punto di vista legato al ruolo non neutrale giocato da Berlino nell’Eurozona, della debolezza sostanziale dei trattati comunitari, che prevedendo l’euro come opzione irrinunciabile lo hanno reso vulnerabile alle crisi sistemiche e alla minaccia di “spade di Damocle” come lo squilibrio dei saldi Target2. Berlino intende chiedere la collateralizzazione di saldi rappresentanti, di fatto, transazioni già concluse per conseguire un doppio ricavo.

Il fatto che la Germania faccia il proprio interesse nazionale nel contesto europeo e sfrutti la sua posizione egemonica diviene un problema quando, negli altri Paesi dell’Unione Europea, il dibattito è molto meno sviluppato o completamente assente. Pensiamo al caso nostrano, a un’Italia che si trova sotto il fuoco della Commissione per la sua manovra finanziaria ma in cui appare molto forte il partito del rigore, il partito della fedeltà a ogni costo all’euro che non contempla come plausibile un dibattito reale a riguardo.

In Italia il dibattito è tabù: e le conseguenze di questa mancanza di confronto potremmo pagarle care nel momento in cui saranno altri Paesi, Germania in testa, a formulare proposte di riforma dei trattati che tengano in conto principalmente, come è legittimo che sia, gli interessi del proponente. “Noi quando smetteremo di fare gli interessi degli altri e di produrre – malamente e con quello che passa il convento, che non è proprio granché – i nostri piccoli “Manchurian candidates”?, si chiedeva retoricamente Alessandro Mangia in un’intervista a Il Sussidiario.

IL GIORNALE.IT

 

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