Calenda: ‘Pd merita l’estinzione, il segretario deve farlo uno psichiatra’. Martina: ‘Adesso basta’

L’ex ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda è infuriato con i dirigenti del Pd a cui “non importerà” di perdere le prossime elezioni europee e regionali ma “quello che importa a loro è il congresso”.

“Sta diventando un posto in cui l’unico segretario che si dovrebbe candidare è il presidente dell’associazione di psichiatria”, afferma l’ex ministro intervenendo a Circo Massimo su Radio Capital.

E continua affermando che il PD “alle prossime europee non ci debba essere” per questo le agenzie di stampa gli accreditavano integralmente la frase “il Pd merita l’estinzione”. E manifesta la sua posizione annullando, con un post su twitter, l’invito a cena a Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e Marco Minniti: troppe polemiche e troppe le condizioni avanzate dai convitati.

Di diverso avviso è Maurizio Martina che scrive su Facebook: “ADESSO BASTA. Io chiedo a tutti più generosità e meno arroganza. Se si parla del PD bisogna avere rispetto prima di tutto dei suoi militanti, iscritti, amministratori, elettori che lavorano con passione e non si meritano certi titoli”.

Martina crede che il PD debba tutt’altro che estinguersi, ritiene che sia “l’unico argine al pericolo di questa destra” e per questo si deve “cambiare, aprirci, rilanciare” perché “la nostra gente vuole vedere al lavoro una squadra, non ne può più delle prediche dei singoli che pensano di avere verità in tasca.”

E conclude rivolgendosi a tutti i dirigenti nazionali del Pd affinché la manifestazione del 30 settembre a Roma sia “un segnale collettivo di ripartenza e sfida a Lega e Cinque Stelle che vogliono dissolvere l’Europa”.

Invito che per Calenda sembra difficile dal momento che “il quadro è drammatico, ed è drammatico perché nessuno parla con nessuno, non ci si fida di nessuno, qualunque iniziativa viene presa come un’aggressione contro altri”. Ciò che secondo lui vuole fare il Pd in questo momento è “una resa dei conti fra renziani e antirenziani” sostiene l’ex ministro che, tuttavia, non si pente di aver preso la tessera del Pd.

 

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