L’ANTROPOLOGA SOMALA, ACCUSA LA SINISTRA: “L’IDEOLOGIA PRODUCE MOSTRUOSITÀ”

MARYAN ISMAIL, L’ANTROPOLOGA SOMALA: “IL PD

ORGANIZZA SOLO CORTEI NON CAPISCE L’IMMIGRAZIONE”

Maryan Ismail, c’è un allarme razzismo oggi in Italia?

«Il clima è rovente e c’è da tempo una insoddisfazione latente fra gli italiani e le comunità straniere.

Una situazione aggravata da una pessima gestione del fenomeno. Ma io non vedo un pericolo imminente».

Maryan Ismail, antropologa italo-somala, vive nel nostro Paese da quasi 40 anni: i suoi familiari furono fra i primi a ottenere lo status di rifugiati politici. Il padre era un diplomatico importante, come il fratello Yusuf, ambasciatore somalo all’Onu e vittima dell’attentato di una cellula somala di Al Qaida.

Lei vede un clima rovente?

«Si paga da un lato un atteggiamento superficiale e dall’altro un riflesso dell’opposizione di sinistra che usa la linea del tutto è razzismo. Il caso delle uova è emblematico. Bisogna uscire dalla voglia di elevare il razzismo a scontro ideologico. Vedo che il segretario del Pd Martina vuole fare una manifestazione e a Milano si parla di una due-giorni contro il razzismo. Ma ogni caso deve essere valutato per quello che è».

Ha mai avuto diretta esperienza di atteggiamenti razzisti o xenofobi?

«Non lo racconto per non esasperare gli animi, io vivo qui da 40 anni, ma accade quotidianamente di sentire frasi del genere. Mi è successo di recente anche in tribunale, dove svolgevo un servizio di traduzione. Una signora si è rifiutata di entrare nell’ascensore in cui ero io, con una frase apertamente razzista».

Lei però sostiene che il clima è arroventato dalla cattiva gestione dei fenomeni.

«Sì, è basilare. Non c’è stata una gestione intelligente. Io sono per accogliere tutti. Ma se accogli e lasci per strada le persone, allora non ha senso. Io critico l’ideologia che anche sul tema profughi ha prodotto mostruosità. Ideologica è stata anche la proposta dello ius soli».

Di quale approccio ideologico parla?

«Di un illuminismo razzista che ci obbliga a soggiacere a questi stereotipi, a questo gioco delle parti che si è visto anche nel caso di Moncalieri. E si fanno manifestazioni, magliette rosse, ma niente di concreto. Come con l’ideologia delle quote rosa, grandi parole e poi i vertici della sinistra sono tutti al maschile, mentre Forza Italia e Fdi hanno donne come leader e presidenti dei gruppi».

A Milano si è fatta ideologia o buona accoglienza?

«L’accoglienza è una scelta, non ci sono norme che obbligano ad accogliere. L’emergenza Siria a Milano è stata gestita anche bene, con tavoli, accordi e protocolli. Passata l’emergenza dei siriani transitanti, ora in Porta Venezia con gli africani c’è una situazione allucinante, con i bambini che giocano fra i topi».

Sta dicendo che ci sono due pesi e due misure nell’assistenza dei transitanti?

«Certo, lo dico e lo ridico. Quelle famiglie arrotolano le coperte negli alberi al mattino. Coperte donate dai residenti. I poliziotti danno acqua, caramelle o magari sigarette. Ma l’assessore Majorino continua a dire che è compito del ministro Salvini intervenire. Ma allora si era mosso. Le cose vengono affrontate così».

Chi svolgeva allora compiti di mediazione?

«Ragazzi vicini ai centri islamici Caim. Area giovani musulmani. Non dipende da loro, sia chiaro. Ma se ora a un somalo parli arabo…».

Perché i migranti scelgono Milano?

«Ha collegamenti di ogni tipo. E reti di passeur. Reti ovviamente informali che organizzano il viaggio».

Come gli scafisti?

«Scafisti di terra, certo e meno facili da individuare. Organizzano il passaggio con soluzioni personalizzate: tir, treno, macchina».

Chi porta la responsabilità morale di questa tragedia?

«Il silenzio dell’Africa è impressionante. Muoiono i figli dell’Africa e non si fa una campagna, non si fa niente. Eppure sappiamo che di povertà estrema ormai ce n’è ben poca. I governi sono moralmente collusi con le mafie dei trafficanti in questa nuova schiavitù».

Governi africani responsabili?

«Scusi, io mi butterei in mare ma per fermarli quei giovani. Andrei in Libia io – non l’Europa – e andrei a dire: ridatemi i miei ragazzi. La Somalia lo sta facendo. Ma c’è il deserto. E le ambasciate non dicono niente. C’è un progetto? C’è un disegno complessivo per importare manodopera? Bene ma allora regoliamolo con flussi, norme, diritti e doveri».

Fonte: qui

 

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