“Appelli sui violenti italiani, silenzio sui criminali stranieri”. Lettera di un italiano a Mattarella sul Far West

Una lettera e la lezione di un italiano onesto, pubblicata su Il Giornale, al presidente Mattarella, che si appella sempre contro i violenti italiani, ma tace sulla violenza della criminalità straniera ormai padrona delle nostre città, con spaccio di droga, prostituzione, furti e violenze quotidiane di ogni tipo.

Egregio presidente Mattarella,

ho seguito con interesse il suo intervento di giovedì in occasione del tradizionale incontro estivo con la stampa italiana.

Facendo uno strappo alla regola, quantomeno alla consuetudine, lei si è soffermato su un fatto di cronaca nera che ha giustamente definito «una barbarie che deve suscitare indignazione perché l’Italia non è un Far West». Si riferiva a quella bambina rom in gravi condizioni per essere stata raggiunta da un pallino sparato con un fucile ad aria compressa da un cittadino romano, ex dipendente del Senato, che se ne stava sul suo balcone. Condivido il suo sdegno e la sua preoccupazione e – per quel che mi riguarda – ove fosse provata la volontarietà del gesto, quel signore dovrebbe passare il resto della vita nelle patrie galere insieme a chi fosse tentato (in queste ore ci sono altri casi sospetti) di imitarlo.

La ringrazio quindi per questo richiamo alla coscienza di tutti noi, ma mi permetta un’osservazione. Il Far West accade quando bande criminali si sottraggono alle leggi e spadroneggiano impunemente. Noi italiani, purtroppo, ne sappiamo qualcosa, avendo a che fare con alcune delle più forti mafie del mondo e non essendo esenti per legge da cretini a piede libero. Ma il nostro Far West è popolato anche da altre bande (o killer solitari) di importazione e mi piacerebbe sentire una voce saggia e autorevole come la sua – di più non abbiamo – indignarsi pubblicamente anche contro di loro.

Purtroppo fino ad ora non ho sentito un forte altolà al Far West quando i cattivi appartengono a minoranze che ospitiamo con grande generosità. Non quando, un mese fa, Duccio Dini, 29 anni, è stato ucciso a Firenze durante un regolamento di conti tra due bande di rom che si inseguivano a folle velocità (sparando pure) per le vie della città. Non quando Gioacchino Furfaro, 87 anni, è morto dopo otto giorni di agonia per essere stato massacrato a colpi di badile da un rom che si era introdotto nella sua villetta a Villafranca di Verona per rapinarlo. Non quando le nostre donne vengono aggredite e violentate da immigrati allo sbando con una frequenza diventata più che preoccupante.

Gli esempi sarebbero infiniti, mi fermo qui e mi chiedo. Perché, signor presidente, non dobbiamo, giustamente, avere paura di guardare in faccia e chiamare per nome il male se autoctono e invece ci obbligano, pena l’accusa di razzismo, a mille cautele linguistiche e mediatiche (spesso i giornali censurano la nazionalità e la maggior parte dei politici tacciono o minimizzano) se il bandito, diciamo così, viene da fuori? Io spero sinceramente che il suo forte richiamo stronchi sul nascere le voglie insane di eventuali aspiranti killer italiani «fai da te». Ma spero un giorno di sentire parole altrettanto ferme contro chi viene in Italia e si installa senza rispettare i nostri anziani e i nostri ragazzi. Senza pregiudizi ma anche senza ipocrisie.

Con stima e rispetto.

Con fonte Il Giornale

 

 

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