Immigrazione, lo schifo in pubblico della Milano anti-Salvini: capitale degli africani

Le donne coi bambini si nascondono in mezzo alle piante. Lasciano i vestiti per terra e si lavano con le bottigliette d’ acqua che gli uomini riempiono dai fiumiciattoli del parco. Qualcuno si rinfresca all’ interno dei bagni chimici, altri invece si mettono in mutande ai piedi della cascatella vicino all’ ingresso di via Manin. I profughi attendono il loro turno come se fossero in fila alle docce pubbliche. Asciugamani in testa e sacchetti in mano.

Ieri mattina è intervenuta una pattuglia della polizia locale per farli allontanare, ma poco dopo i migranti erano ancora lì. Perché ai Giardini Montanelli non c’ è estate senza bivacchi. In questi giorni sono almeno una ventina gli africani che hanno preso possesso dei prati vicini al famigerato gazebo in ferro battuto che negli anni scorsi era diventato residenza abusiva di inquilini aggressivi. I sacchi a pelo sono uno in fila all’ altro, stesi nell’ erba e sotto le piante insieme a zaini e valigie. Non ci sono solo giovani in forze, ma anche donne e minori, e questa è una novità da non sottovalutare. Ma il Comune, impegnato a organizzare tavolate multietniche e a lanciare spot per l’ accoglienza, continua a far finta di niente.

«La situazione sta tornando molto difficile. Avevamo chiesto un incontro con l’ assessore Scavuzzo per parlare di igiene e sicurezza dell’ area intorno al Montemerlo, ma non abbiamo avuto risposta», spiega Enrico Pluda, presidente di Agiamo (Amici dei Giardini Montanelli), che non smette di ringraziare Amsa «per il suo lavoro quotidiano preziosissimo». La sensazione, tra i frequentatori del parco, è che anche quest’ estate il degrado non allenterà la morsa. Bottiglie di birra vuote, feci umane, preservativi, rifiuti di ogni genere. Ci mancavano solo le docce dei migranti all’ aria aperta. «Domenica mattina ce n’ erano tre che a turno si facevano la doccia nudi sotto la cascatella vicino alla gabbia dei leoni», racconta una signora. Mentre un altro habitué del parco parla di «bagni con bagnoschiuma nella roggia e bucato con detersivo nel laghetto». Tutto ciò può essere normale a due passi del centro, in un’ area che ogni guida turistica consiglia ai visitatori che arrivano a Milano?

Ma i bivacchi di immigrati che requisiscono intere aree verdi non lasciano scampo nemmeno in altre zone della città. A partire dal caso emblematico del Parco Lambro, dove ogni fine settimana si danno appuntamento centinaia di sudamericani con tanto di grill e musica a tutto volume.

Il viavai comincia già al mattino, quando gli africani usati come facchini cominciano a trasportare casse di cibo e alcolici in mezzo ai prati. Scene simili si ripetono al parco Testori, in zona Mac Mahon: qui sono i filippini a farla da padroni con banchetti e bische clandestine che vanno anche ben oltre gli orari di chiusura. Tanto che il gruppo della Lega del Municipio 8 ha chiesto un presidio della polizia locale per ripristinare l’ ordine.

Ancora più forte la richiesta di Zona 4, ovvero la presenza fissa di una camionetta dell’ esercito tra gli spazi verdi di via Ciceri Visconti, piazzale Martini e piazza Insubria per tenere a bada rom e maghrebini. Mentre al parco Forlanini i problemi arrivano dal vicino centro d’ accoglienza di via Corelli e si traducono nei bivacchi di migranti stesi sui materassi. Per non parlare dei giardini di via Odazio, al Giambellino, presi d’ assalto nel fine settimana: qualche tempo fa, per poco, non ci scappava il morto. A breve, anche da queste parti, potrebbero girare i militari per proteggere i residenti.

 

 

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