Emmanuel Macron, Filippo Facci sbugiarda il presidente francese: “Ecco perché ha la lebbra, l’ultima sua vergogna”

Se Emmanuel Macron dice che «i populisti crescono come lebbra» dopo che l’Italia ha preso a rifiutare proprio ogni sbarco di passaggio, e poi però Macron si comporta nello stesso identico modo, beh, significa almeno che la lebbra è contagiosa o che in Francia l’avevano contratta in segreto.

Se il giovane servetto di Macron già portavoce del partito di Macron (En Marche) definisce «vomitevole» il rifiuto dell’Italia di accogliere una nave di migranti – quella dell’Ong tedesca Mission Lifeline, bloccata con 234 persone a bordo – e poi la stessa Francia rifiuta di accogliere la stessa nave di migranti, beh, significa perlomeno che c’è in giro qualche virus.

Se la ministra francese per gli Affari europei, Nathalie Loiseau, si sente rivolgere una domanda su una nave di migranti che l’Italia e Malta e poi anche l’Olanda e la Germania hanno rifiutato, ma infine ha rifiutato anche la Francia cara alla ministra, e lei risponde parlando di «legge della giungla» a proposito dell’Italia, beh, significa che il continente sta ridiventando come nel primo medioevo: ricoperto di foreste, una giungla unica.

Se ancora Macron viene accusato di inazione rispetto all’accoglienza dei migranti, e lui invita a «guardare ciò che accade altrove» riferito chiaramente all’Italia, e poi però si comporta nello stesso identico modo dell’Italia con una nave che chiede di sbarcare in un porto francese, beh, Macron sembra davvero costretto a guardarsi in casa e forse addirittura a guardarsi allo specchio.

Insomma, se Macron e i vari puzzetti francesi continuano a parlare di «porti vicini» ben sapendo che i porti più vicini sono proprio in Italia e in Grecia, e che la politica molle dell’Italia e della Grecia continuerebbe a far sì che le navi passassero proprio e soprattutto da quelle parti, beh, va a finire che avrebbero ragione quei complottardi secondo i quali Macron vuole istituzionalizzare l’Italia (del Sud) e la Grecia come hotspots europei dell’accoglienza di richiedenti diritto d’asilo, richiedenti asilo politico, rifugiati generici, rifugiati politici, profughi e in generale migranti: ma beninteso, soltanto provenienti da Nigeria, Pakistan, Bangladesh, Costa d’Avorio, Eritrea, Senegal, Gambia, Mali, Guinea, Ghana, Somalia, Camerun, Iraq, Ucraina, Afghanistan, Marocco, Burkina Faso, El Salvador, Cina, Egitto, Sierra Leone, Guinea-Bissau, Siria, Sudan, Etiopia e «altri» che il nostro ministero dell’Interno così definì già una decina di anni fa.

QUALCOSA È CAMBIATO
La banale verità è che c’è un Paese chiamato Italia che per lustri interi ha vissuto nel terrore di essere sganciata dall’Europa e ora vive nel terrore di rimanerci agganciata a prescindere, anche se non le convenisse, anche se in passato la paura dell’isolamento l’aveva spinta ad accettare leggi e regolamenti che non le convenivano per niente. «Ce lo chiede l’Europa» un tempo sembrava un onore, oggi suona subito come minaccia con fregatura da qualche parte.
Così, sui migranti, l’Italia questa volta non ha accettato bozze preconfezionate e va alla guerra diplomatica, senza tanti complimenti, contro quella Francia e quella Germania convinte di essere il centro di ogni sistema solare.

CAVALLO DI TROIA
Dei colloqui e dei pre-summit con cui Francia e Germania si preparano anzitempo non frega più niente a nessuno: questo sembra, almeno.
Questa nuova postura italiana, l’indisponibilità al dietrofront, lo scetticismo crescente nei confronti dell’Euro: ciò che potrebbe trasformare l’Italia europea, già supina e accondiscendente, nel vero cavallo di Troia dell’Unione europea.
Chiaro che alla Germania non piaccia, e alla Francia ancora meno: da qui le reazioni, ciascuno con il proprio stile. Che l’arroganza francese sia tra le più insopportabile dei cinque continenti non lo scopriamo oggi.

 

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