Antonio Socci: aveva ragione Paolo Savona, l’Europa si sta squagliando e andrà in ginocchio da lui

Dunque aveva ragione Paolo Savona. Il tempo è galantuomo e dopo appena un mese si sta verificando esattamente quello che l’economista sardo aveva previsto, quello che voleva prevenire e che proponeva di governare: l’implosione dell’Unione Europea.

Tale preveggenza, che doveva essergli riconosciuta come un merito, gli è invece costata cara. Per essa infatti ha dovuto rinunciare al ministero del Tesoro su cui avevano posto il veto Mattarella e la Germania. Adesso si scopre quanto Savona aveva visto giusto e quanto le sue proposte sarebbero (o saranno) utili all’Italia e alla stessa Europa. Infatti quelli che cominciano domani – secondo un’opinione diffusa – potrebbero essere i dieci giorni che sconvolgeranno l’Unione europea, ossia quella costruzione tecnocratica e poco democratica che è stata imposta a Maastricht nel 1992.

Il possibile terremoto avviene questa settimana in due fasi che però hanno lo stesso copione: un colossale disastro politico, provocato da Germania, Francia e altri paesi satelliti, che si pretende di rattoppare facendo pagare l’Italia, che si dovrebbe offrire come vittima sacrificale sull’altare degli interessi altrui. Ecco nel dettaglio cosa sta accadendo.

La prima scossa del terremoto è rappresentata dal vertice sull’emigrazione. In questi anni l’Europa (dopo aver destabilizzato la Libia per gli interessi francesi) ha predicato solidarietà con i migranti, ma pretendendo di accoglierli a migliaia con i porti e il portafogli degli italiani. Questa era la cosiddetta «politica europea». Con il nuovo governo Lega-M5S non è più possibile e quindi la Ue non ha più una politica sull’emigrazione, a meno che Germania, Francia, Spagna e compagnia non vogliano aprire i loro porti alle navi delle Ong (ma la Merkel rischia il posto e pure Macron non lo farà mai).

FALLIMENTO PALESE 
La seconda scossa di terremoto sarà il Consiglio europeo di giovedì e venerdì dove andrà in scena il tentativo di Germania e Francia di imporre la loro riforma della governance economica dell’eurozona per evitarne la disintegrazione: vogliono così salvaguardare i propri interessi a scapito dell’Italia. Qua però c’è una novità: non possono più negare la verità. Se si rilegge l’articolo di Federico Fubini, uscito venerdì sul Corriere della sera, si scopre che il Palazzo europeo ora è costretto a riconoscere il proprio fallimento.

Fino ad oggi la narrazione ufficiale ripetuta dalle nomenklature europee (come dai vecchi governi italiani) e amplificata dai media, recitava che l’Italia era il malato d’Europa, un peso morto, che doveva fare «i compiti a casa», cioè sacrifici lacrime e sangue, altrimenti avrebbe avuto la colpa di far naufragare tutta l’Europa.

Oggi è evidente che non è così, anzi: non è mai stato così. Si scopre invece che – come aveva previsto Savona – l’edificio costruito sui Trattati di Maastricht è del tutto farlocco e sta crollando su se stesso perché sono sbagliati quei Trattati e perché sono stati gestiti dalla Commissione europea ancora peggio: per esempio non applicando tutti gli articoli del «Trattato sul funzionamento dell’Unione europea» che avrebbero impedito alla Germania il suo mostruoso surplus commerciale. È per questo che la strategia della Germania è quella di coalizzarsi con la Francia, contro di noi e ottenere il nostro consenso suicida fingendo di riconoscerci qualche contentino.

Con i vecchi governi a guida Pd ce l’avrebbero fatta. Ma con l’attuale governo no. È chiaro che è l’Italia ad avere adesso una posizione di forza, perché è l’unico Paese (la seconda potenza manifatturiera d’Europa dopo la Germania) che può dire no.

La paralisi della Ue è dunque provocata dalla folle architettura mercatista e non cooperativa di Maastricht, ovvero dai paesi che non vogliono rinunciare alle posizioni di privilegio (Germania in primis).

Proveranno a scaricare la colpa del collasso sull’Italia perché si rifiuterà di sacrificarsi ancora una volta per gli egoistici interessi altrui. Fino a ieri Germania e Francia potevano contare sulla sudditanza politica e psicologica dei governanti italiani, sempre timorosi di essere colpevolizzati «dall’Europa» e dai media. Ma ora tutto è cambiato a Roma. Un osservatore autorevole come Wolfgang Munchau, condirettore del Financial Times, su Eurointelligence di cui è direttore, lo ha spiegato benissimo: «Ora è chiaramente diverso. Ciò che rende Matteo Salvini così pericoloso per la Ue è la sua completa mancanza di paura. Questa è una categoria di politico recalcitrante che Merkel non ha ancora incontrato nell’Uunione europea».

LA LEZIONE DI SALVINI
Salvini non ascolta i commentatori dei giornali italiani che predicano la resa alla Ue «per evitare l’isolamento». Salvini (che fa i selfie con migliaia di italiani, nelle nostre città) non va a mendicare una «photo opportunity» con la Merkel come fece Renzi nella sua prima uscita internazionale.

«Il vero pericolo che viene dall’Italia per l’Ue» dice Eurointelligence di Munchau «non è un piano ipotetico di lasciare l’euro. O una presa di posizione più dura sull’immigrazione. Questa sono cose risapute. La vera minaccia viene da un’improvvisa perdita di paura. È la paura dell’isolamento che ha tenuto in riga l’Italia nel corso dei decenni e le ha fatto accettare una legislazione manifestamente contraria all’interesse del paese, come la direttiva sulle banche (il bail-in) o anche il Fondo salva Stati» (nel primo caso pagano i risparmiatori, nel secondo è lo Stato italiano che paga salatamente: quindi sempre noi). Ora tutto è cambiato: «Dobbiamo ancora vedere la reazione formale dell’Italia alle riforme dell’Eurozona», aggiunge Munchau, «ma dubitiamo che le idee franco-tedesche sopravviveranno al filtro politico italiano. Se è previsto un cambiamento del trattato, questo governo italiano richiederà per lo meno la fine del fiscal compact e le relative regole fiscali…».

Secondo Munchau «in questo nuovo clima politico non è intelligente» per Germania e Francia continuare col vecchio metodo: «La Merkel ha disperatamente bisogno di un accordo nel giro di una settimana per tenere insieme il suo governo». Dunque l’Italia ha assunto un grosso peso politico. È qui che tornerà importante il contributo di Paolo Savona. Perché è chiaro che occorre tornare al punto in cui si è sbagliato strada. Quale sia quel punto lo spiega il recente pamphlet che Paolo Savona ha scritto con paolo Panerai: «Il Trattato di Maastricht. Quando a Carli tremò la mano».

COME NEL 1936
Nel corso degli anni passati Savona ha continuato a lanciare l’allarme per scongiurare il baratro. Lo fece già nel 2012 scrivendo «agli amici tedeschi e italiani» per ricordare che la Germania stava «scivolando nuovamente sul piano economico nella direzione proposta dal Piano Funk (dal nome dell’allora ministro delle Finanze tedesco, ndr) del 1936. La politica economica che voi suggerite getta le basi per una disgregazione del sogno europeo di pace e di un comune progresso civile». Il Piano Funk, peraltro, prevedeva la creazione di una «moneta generale» che si sposava perfettamente «con l’idea della creazione di un’area valutaria da imporre al Continente».

Lo spiega il libro in uscita di Antonio M. Rinaldi, «La sovranità appartiene al popolo o allo spread?», dove si pubblicano i testi del «caso Savona», a cominciare dalla lettera che l’economista scrisse nell’agosto 2015 al presidente della Repubblica Mattarella. Dove usava toni drammatici, inconsueti per uno studioso come lui: «La cessione della sovranità fiscale marcherebbe la fine della democrazia italiana».

Oggi tutti i nodi stanno venendo al pettine. L’Eurozona è sull’orlo del baratro com’era stato previsto. Ma l’Italia ha un governo che finalmente farà gli interessi degli italiani e così darà anche una mano all’Europa per farle ritrovare la strada del buon senso e della giustizia.

 

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