Arriva il mea culpa di Macron ma l’economia è in ginocchio

Se i gilet gialli proponessero una lista alle europee raccoglierebbero il 12% diventando il quarto partito di Francia.

Secondo Ipsos/Journal du Dimanche, la protesta balzerebbe a Strasburgo come un missile e sarebbe paradossalmente d’aiuto alla République en marche, il partito del presidente Macron, che insieme con i centristi MoDem resta al 21% nei sondaggi nonostante l’ennesimo crollo di popolarità del capo dello Stato. Dietro, il Rassemblement National di Marine Le Pen che tra i gilet vanta una buona fetta di consensi arretrerebbe al 14%; Verdi al 13%, destra gollista dei Républicains all’11% e sinistra radicale al 9%.

A Parigi proseguono le operazioni di pulizia, la riparazione di vetrine infrante e la rimozione delle auto bruciate dopo il quarto sabato di manifestazioni che a bilancio aggiornato registrano 2mila arresti in tutta la Francia; 1.082 fermi nella sola capitale tra cui un centinaio di minorenni. Ciononostante, il movimento guadagna consensi. La retromarcia del governo sui rincari al carburante è stata una prima vittoria, in attesa di capire cosa dirà stasera Emmanuel Macron dopo l’incontro con sindacati, presidenti di Camera e Senato e imprenditori del Medef (la Confindustria francese) all’Eliseo.

Sarà in grado di accontentare la protesta annunciando «misure concrete» o sabato vedremo di nuovo i gilet gialli per le strade? Tutto è pronto tra le file del «terzo stato» nonostante i mea culpa, seppur tardivi, dell’esecutivo: «È evidente, abbiamo sottovalutato la necessità dei nostri concittadini di parlarci delle loro difficoltà e di essere coinvolti nella costruzione delle soluzioni», spiega il portavoce Benjamin Griveaux. Più esplicito, sarebbe stato lo stesso Macron venerdì, confessando ai sindaci invitati all’Eliseo di aver detto e fatto svariate conneries (stupidaggini, in francese), come la limitazione di velocità di 80 km orari o la riduzione della quota di aiuto per gli affitti.

«Troppe tasse, troppe imposte in questo Paese e io non ho aiutato», avrebbe ammesso il capo dello Stato con gli interlocutori che cercavano di riportarlo sulla terra: «La gente vuole la vostra testa, presidente». Determinato a prendere in mano la protesta dei gilet, finora affidata al premier Edouard Philippe, Macron deve però fare i conti con le ricadute economiche della crisi definita «catastrofica» dal ministro dell’Economia Bruno Le Maire. Bisogna aspettarsi «un nuovo rallentamento della ripresa a fine anno in seguito alle proteste», spiega. L’impatto è già stato durissimo: François Asselin, presidente della Confederazione delle piccole e medie imprese (Cpme), parla di perdite complessive per 10 miliardi di euro causate dai blocchi stradali e dalle operazioni lumaca che proseguono da 4 settimane. Nel pieno della stagione natalizia la difficoltà di far arrivare le merci sui banchi dei negozi sta facendo crescere gli acquisti online a scapito dei commercianti. Il ministro per i Rapporti col Parlamento Marc Fesneau annuncia «misure di accompagnamento» per chi subisce una perdita di fatturato causata della crisi e dai blocchi. E la sindaca di Parigi prova a placare la rabbia di una capitale in cui solo ieri hanno riaperto musei e centri commerciali, spiegando che sarà lo Stato a pagare i danni dei casseur. Giù anche le prenotazioni di fine anno negli alberghi, diminuite già del 10%.

Ma la crisi ha ormai sconfinato. Il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian ieri ha invitato il presidente americano Donald Trump a tacere: «Noi non ci immischiamo nelle vicende americane, lui ci lasci vivere», la sua risposta al provocatorio tweet di The Donald. I Servizi francesi stanno invece verificando il ruolo di potenze straniere che potrebbero aver amplificato la mobilitazione dei gilet giocando con gli algoritmi di Facebook. Interferenze esterne, probabilmente russe, in cima ai sospetti.

il giornale.it

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