Il tramonto della Merkel: al via domani il congresso della Cdu

Era seduta su quella poltrona dal 2000. Diciotto anni fa Angela Merkel prendeva la guida della Cdu, l’Unione cristiano-democratica di Germania. Sabato 8 dicembre, al termine del congresso che inizia domani ad Amburgo, il partito conservatore tedesco avrà un nuovo leader.

Quando la signora venuta dalla Germania Est salì al potere, i moderati navigavano in acque turbolente. Gli scandali finanziari interni e le sconfitte elettorali contro i socialdemocratici di Gerhard Schröder avevano prima costretto alle dimissioni Helmut Kohl, poi bruciato la leadership di Wolfgang Schäuble. Nel 2000 Merkel sbancò il congresso, prima donna a diventare Presidente. Cinque anni per riorganizzare la struttura e nel 2005 la prima vittoria alle elezioni politiche. Non perderà più. Tredici anni da Cancelliera e altri tre all’orizzonte, nel suo quarto esecutivo. Ma non è detto che la grande coalizione con la Spd arrivi a scadenza naturale nel 2021: dopo le debacle nelle elezioni regionali in Baviera e Assia, che hanno convinto Merkel a fare un passo di lato, molto dipende dalle dinamiche interne alla Cdu. E l’esito del congresso sarà un punto di svolta.

I candidati in corsa sono quattro: tre nella mischia da tempo, più uno spuntato nelle ultime ore.

La fedelissima: Annegret Kramp-Karrenbauer

Merkel fa il tifo per la sua fedelissima: la 56enne Annegret Kramp-Karrenbauer, per i media semplicemente Akk. Per certi versi sembra una copia della cancelliera: donna, austera nel volto e nello stile, valori conservatori ma approccio economicomoderatamente progressista. Anche lei sa intercettare un elettorato trasversale: non è divisiva, dà garanzie tanto alla destra quanto alla sinistra interne al partito. I commentatori l’hanno rinominata mini-Merkel, una sorta di clone come quello del dottor Male nella saga di Austin Powers. Forse per allontanare questa immagine, negli ultimi tempi Akk ha preso le distanze da Merkel su alcuni temi. Per esempio i diritti civili: Kramp-Karrenbauer non è fan della legge sul matrimonio egualitario approvata nella scorsa legislatura. E sulla gestione dei migranti ha detto che la “politica migratoria ha bisogno di centri di transito, del controllo delle persone anche senza fondato sospetto, di intese bilaterali con i paesi d’origine per velocizzare i rimpatri”. Una svolta sul tema che più ha fatto perdere voti alla cancelliera.

L’uomo della finanza: Friedrich Merz

“Dobbiamo restringere il diritto d’asilo”. Così Friedrich Merz, 63 anni, si è guadagnato le simpatie della destra interna e anche diuna fetta di elettorato che la Cdu ha smesso di votarla proprio per dissenso sulle politiche migratorie. Merz è un conservatore della vecchia scuola e sostiene una politica economica neoliberale. Con Merkel ha il dente avvelenato: nel 2002 la sua nomina a capogruppo nel Bundestag fu silurata dalla leader, che lui non aveva sostenuto. Nel 2009 ha lasciato la politica per dedicarsi alla professione di avvocato societario e all’alta finanza: nel 2016 è diventato presidente del consiglio di sorveglianza della filiale tedesca di Blackrock, la maggior società d’investimenti al mondo. Dopo quasi dieci anni è tornato a occuparsi del partito: troppo forte la tentazione di riprendere quello spazio dominato a lungo dalla sua rivale. Merz è uno dei teorici della deutsche Leitkultur, concetto che si potrebbe tradurre con “identità tedesca” da preservare nel contesto globalizzato e multiculturale. Un possibile freno è dato dalla sua ricchezza: si è definito “uomo della classe medio-alta”, e in tempi di lotta all’establishment questa uscita ha scatenato ironie.

Il giovane: Jens Spahn

Ministro della Salute in carica, 38 anni, Jens Spahn non ama nascondersi. È omosessuale e vive a Berlino con il marito sposato a dicembre 2017, dopo l’approvazione del matrimonio egualitario da lui votata convintamente. E si è posto da tempo come capofila degli anti-Merkel nel partito. Anche per questo la cancelliera lo ha nominato nel suo quarto esecutivo, con la speranza di placare l’ala critica. Spahn invece non si è allineato; migranti e austerità sono i suoi cavalli di battaglia, quest’ultimo rinsaldato negli anni da sottosegretario all’Economia quando il dicastero era nelle mani del falco Schäuble. L’ex “bambino prodigio” (fu eletto al Bundestag nel 2002 a soli 21 anni, il più giovane parlamentare tedesco) ora vuole prendersi il partito. Ha provato a nobilitarsi incontrando due duri e puri della destra come il presidente austriaco Sebastian Kurz e l’ambasciatore statunitense a Berlino Richard Grenell, noto sostenitore di Donald Trump e accanito critico della cancelliera. Ma per diversi osservatori ha sbagliato i tempi: la sua candidatura sarebbe arrivata troppo presto.

L’outsider: Andreas Ritzenhoff

Mentre già i delegati preparavano le valigie per Amburgo, ecco spuntare un quarto candidato. Si chiama Andreas Ritzenhoff ed è amministratore delegato dell’azienda Seidel, un ‘impresa specializzata in prodotti in alluminio. La sua candidatura dovrebbe essere formalizzata da uno dei delegati presenti al Congresso. Ritzenhoff si è iscitto alla Cdu solo quest’anno e prova a occupare uno spazio rimasto scoperto: quello della sinistra interna, svuotata dalla corsa a tamponare l’emergenza a destra dopo la crescita dei populisti di Alternative für Deutschland (Afd). Il quarto incomodo ha formulato un progetto per l’Europa, convinto della necessità di dar vita ad una nazione europea nei prossimi anni “per non incorrere nel pericolo di perdere per sempre questa occasione”. Nelle poche dichiarazioni rilasciate in questi giorni, Ritzenhoff afferma che “politica estera, difesa, immigrazione e politica industriale sono esempi di competenze che dovrebbero essere associate in un governo europeo”. Inoltre propone di investire nelle infrastrutture e nella lotta ai cambiamenti climatici, tema sensibile in Germania dove i Verdi stanno vivendo una fase di nuova centralità politica.

I sondaggi

Le previsioni della vigilia vedono Kramp-Karrenbauer in vantaggio nel gradimento degli elettori Cdu: circa il 35% vorrebbe lei, mentre Merz si fermerebbe al 30%. Spahn insegue, su Ritzenhoff non ci sono state rilevazioni. Al congresso però partecipano 1001 delegati eletti dai comitati locali e ognuno potrebbe votare con logiche proprie: l’esito è più che mai incerto, l’unica sicurezza è che il regno di Angela Merkel, ormai, è al tramonto.

Fonte per alcune informazioni di questo articolo: Una poltrona per tre di Edoardo Toniolatti sul blog Kater.

il giornale.it

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